qui ci vuole un po’ di sano classicismo – il subbuteo
qui ci vogliono le straordinarie visioni oniriche dei fantacalcisti
qui ci vuole un’ammissione – nulla di sorprendente. E poi forse Dostoevskij potrebbe persino farci accettare, perché il giocatore appena sente il ticchettare delle fiches l’una contro l’altra smarrisce se stesso
qui ci vuole una bandiera da sventolare con fierezza – la mia, quella di uno scommettitore perdente ma con metodo, gusto e passione
qui ci vuole una storia minima ma bella – quella di Paolo e di suo figlio Pablo una coppia magnifica e una finale interparrocchiale da conquistare sul campo, un 3-3 che sancisce la fine delle ostilità, i rigori da calciare, Pablo arcigno difensore ma non rigorista, 5-5 e si va a oltranza e tocca proprio a lui, che sbianca nei suoi 12 anni e il mister gli chiede di “mostrare le palle” e lui che sbianca ancora e tira e segna e papa’ Paolo, che di calcio se ne fotte ma ama da morire il suo pischello, che piange.