Il giorno in cui mi dimisi da elettore

Il giorno in cui mi dimisi da elettore, fuori c’era un sole invernale ma tutto sommato gradevole,  avevo un discreto appettito e le dita dei piedi ghiacciate.

Il giorno in cui mi dimisi da elettore, la Camera dei deputati del Parlamento della Repubblica si era espressa a maggioranza con un ‘no’ all’arresto di un proprio membro definitivo dalla Procura di Napoli, ‘referente politico della camorra’.

Il giorno in cui mi dimisi da elettore avevo il pomeriggio impegnato e attendevo una telefonata importante, il caffè m’era venuto sinceramente un po’ lungo e dovevo ricordarmi di passare in banca.

Il giorno in cui mi dimisi da elettore succedeva la cosa buffa che i giudici costituzionali invitano a cambiare una roba – legge elettorale vigente – mantenendola inalterata con sentenza.

Adieu

9 pensieri su “Il giorno in cui mi dimisi da elettore

  1. Io mi iscrivo con AEL alla lista degli onesti incazzati, però ancora non mi dimetto da elettore, non ancora.

    Però oggi è davvero una giornata un po’ così.

    Un giorno per ascoltarsi Piero Ciampi e scolarsi una bottiglia di Barbera

    Tommaso

  2. alla lunga, no, bere non fa passare la nausea.
    Ma può essere il conforto – illusorio – di una sera.
    E diosolosa quanto abbiamo bisogno di conforti illusori…

  3. Non ci si deve dimette da elettore perché il Parlamento esercita una sua legittima prerogativa.
    il Parlamento vota sull’esistenza o meno dei presupposti per l’ arresto di un eletto dal popolo, non vota (per fortuna) sulla sua innocenza o la colpevolezza .
    C’è un processo in corso e non capisco la necessità di un arresto, tra l’altro il Parlamento si era già espresso in tal senso nel 2009.

    posso capire che ci si dimetta da elettore perché la legge elettorale fa schifo…
    ma è comunque una legge che rispetta i canoni della Costituzione lo dice un’organo che qualcuno tacciava di essere una specie di covo di comunisti…

    1. L’arresto era stato richiesto dai magistrati, e confermato da gip e tribunale del riesame, per evitare il rischio di inquinamento delle prove. Questo rischio è stato confermato da un giudice terzo. La Camera, come tu dici, non è giudice e non doveva valutare l’esistenza dei presupposti per l’arresto (confermati in due gradi di giudizio) ma l’esistenza di un fumus persecutionis ai danni dell’onorevole inquisito.

      Questi sono gli stessi “eletti dal popolo” (ma scelti dalle segreterie) che avevano già votato la verosimiglianza di affermare che Ruby fosse la nipote di Mubarak.

      La legge elettorale è stata approvata (con un colpo di mano, a fine 2005, in scadenza di legislatura) rispettando le procedure previste in costituzione per le leggi ordinarie. Sul fatto che rispetti i “canoni” della Costituzione deve giudicare la Suprema Corte. Che però ieri ha solo valutato l’inammissibilità di due referendum abrogativi, non la costituzionalità delle leggi di cui si richiedeva l’abrogazione

      Tommaso

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