Le donne non sono cose.
Non siamo cose.
Siamo persone che fanno scelte, che meritano rispetto.
Meritano rispetto soprattutto le scelte che vengono imposte dai comportamenti di uomini che, con leggerezza o pesantezza, ci feriscono.
E che con la stessa leggerezza, o pesantezza, pretendono che noi capiamo, dimentichiamo, torniamo sui nostri passi.
Ho sbagliato e tu mi devi perdonare.
E no.
Hai sbagliato e io voglio perdonarti, sempre che capisca che il tuo pentimento è sincero, che i tuoi comportamenti non mi feriranno almeno per un tempo congruo, che decida che, nonostante tutto, il tuo modo di amarmi non mi farà ancora male.
Se questo però non succede, rispetta la mia decisione e sparisci.
Sparisci: non tappezzare il quartiere dove vivo e lavoro di manifesti infantili.
Non rilasciare interviste sorridenti al quotidiano della nostra città che titola: “Così ti riconquisterò”.
Dove sta scritto che il ricatto che mi fai in nome di nostra figlia mi riconquisterà?
Un uomo vero sa come comportarsi con dignità davanti a un rifiuto. Non sbatte i piedi come un bambino capriccioso a cui hanno tolto il giocattolo.
Non sono un giocattolo.
Sono una donna a cui, e ripeto le tue parole, hai «mancato di rispetto pubblicamente troppe volte e ora pubblicamente dovevo chiederle perdono. Sono mancato come marito e come padre e questo non me lo perdonerò mai. Ma so che sono ancora in tempo per riparare.».
Invece no. Lascialo decidere a me, se sei ancora in tempo per riparare. Dammelo, questo tempo. Per capire, riflettere, decidere. E dammi anche la facoltà di dirti di no, che il tempo non basta a ricucire gli sbagli, che il tempo non ci farà tornare felici.
Sono tanti, troppi, gli uomini che pensano che le loro donne siano un’esclusiva proprietà, che non sono capaci di accettare che una storia finisca, magari anche per colpa loro ma anche no, che decidono “o con me o con nessun altro”, che chiamano questa malattia amore.
L’amore è un’altra cosa.
Forse la storia di Camilla e Gianluca è diversa, forse davvero merita un’altra possibilità. Ma il brivido di rabbia e terrore che viene da parole come quelle non può e non deve passare.
Le storie nascono e a volte finiscono, ma non può finire per mano di un uomo la vita della donna che non lo vuole più.
Mai.
Stesa,
ti consiglio di recuperare il video di Gramellini a “Che tempo che fa” di lunedì scorso, quando ha approfittato del caso “Camilla e Gianluca” per affrontare un’emergenza nazionale che sta vergognosamente passando sotto silenzio: il femminicidio, una piaga con proporzioni incredibili qui in Italia.
Sono indignata. E avvilita.
Ma, come dissi già una volta, la mia indignazione e il mio avvilimento non sono frutto di una simpatia di genere. Insomma, non sono arrabbiata in quanto femmina, tanto per essere chiari. Sono avvelenata perché sono un essere dotato di sentimento – di humana pietas – e di coscienza civica.
Credo che stavolta sia la voce dei maschi a doversi levare. La voce dei tanti, meravigliosi, uomini che esistono, vivono qui e la pensano così. Devono essere loro ad urlare a squarciagola che il vero uomo è chi ama, rispetta, aiuta e vive per la libertà degli altri…
Bacio,
AEL