Materia fecale

Avviso: il seguente post conterrà ovvietà stucchevoli.

Ieri vedere l’Italia messa a ferro e fuoco mi ha innervosito, intristito, amareggiato, deluso. E’successo in tante città, troppe, ma è vero che le immagini che mi hanno colpito di più sono quelle della guerra combattuta sul lungotevere.

Roma è la mia città. E io la amo. Ma è anche è la città più bella del mondo, e per questo dovrebbero averla a cuore tutti. Come si può offendere la capitale del mondo, centro della cristianità, patrimonio culturale (tutto il centro storico è protetto dall’Unesco) che appartiene a tutti i cittadini del mondo? E poi comportarsi come dei vandali nella città dei Romani è un contro senso storico che mi fa accapponare la pelle.

Comunque, a prescindere dal “dove” si sono tenuti questi scontri, quando vedevo certe scene, zompettando di link in link sulla rete, di guerra urbana, mi si scateneva dentro l’anima una violenza inaudita.
E di questo me ne vergogno. Detesto chi mi ha fatto provare quel sentimento di rabbiosa rivalsa. Di vendetta. Non voglio che questi sentimenti mi appartengano; per fortuna, sono un animale dotato anche di raziocinio e riesco sempre a sedare questi bassi istinti. Però mi chiedo: è mai possibile che ci infarciamo di citazioni di Ghandi e Martin Luther King, e poi allo schiaffo reagiamo con lo schiaffo? “Occhio per occhio, dente per dente”… ancora, nel 2012?!??
Cos’è, i poveri papa Giovanni e Nelson Mandela servono solo per acchiappare voti nei dibattiti televisivi?

Chiudo con la banale considerazione cui mi riferivo ad inizio post:

tu, manifestante che hai spaccato con una mazza da baseball (una mazza da baseball?!??! L’unico corpo contundente che io ricordi d’aver portato alle manifestazioni forse è stata la grammatica di latino… e poi, caro mio, hai sbagliato sport, qui siamo in Italia! Semmai, potevi tirare una pallonata) dicevo, caro dimostrante che hai fracassato il casco di un poliziotto, con il rischio, anzi, con l’intento di rompergli la testa

e

tu, simpatico appartenente alle forze dell’ordine che hai sferrato un calcio in faccia ad un manifestante già a terra, isolato da tutti, reso innocuo e circondato dai tuoi colleghi, con una violenza disumana ed inaudita (non scrivo “gratuita”, perché la violenza è sempre gratuita)

beh,

siete delle merde.

Così, senz’appello e senza cercare sostantivi più colti, educati, raffinati, aulici.
E non perché non ne conosca, si badi, sono una personcina che ha sempre preferito studiare le parole, piuttosto che le armi e le tecniche di guerriglia, ma proprio perché l’unico termine che vi può ritrarre è quello con cui indichiamo in maniera volgare gli scarti espulsi dal corpo umano.

Siete merde.

 

Anna Eva Laertici

PS. Avevo avvertito, post pieno di banalità.
Ma il vero dramma, su cui rifelttere, è che a volte ci troviamo nelle condizioni di dover ribadire ovvietà.

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