Mi sono beccata un rimprovero, perché mi sono fidata di una persona che oggettivamente mi ha fregato.
La cazziata, diciamocelo, brucia come sale sulle ferite.
Autoanalizzandomi 5 minuti davanti allo specchio del cesso (non è che abbiamo sempre il lettino da psicoanalista a disposizione, eh), ho provato a capire perché questa tirata d’orecchie mi ha colpito così a fondo.
Dapprima, mi sono data ben due motivazioni:
1. sono orgogliosa, non mi perdono d’aver sbagliato: perché è vero che io abbia commesso un errore e c’è poco da girarci intorno;
2. sono rosicona, da buona Romana, e un rimprovero è sempre un rimprovero e porca paletta quanto mi sforma non essere la Lisa Simpson prima della classe che non sbaglia mai.
No. Non sono ragioni sufficienti a spiegare la chiusura del mio stomaco.
Il rimprovero brucia perché il mio errore è stato fidarmi. E quindi so che è un errore in cui potrò ricadere, che potrò rifare.
E’ questa la verità, niente altro che questa. Mi sono fidata.
Perché io voglio fidarmi. Io ho scelto di fidarmi. Anni fa, razionalmente, a tavolino. Ho aperto le porte del mio cuore agli altri essere umani.
Io preferisco fidarmi delle persone, piuttosto che credere di essere in un mondo in cui siamo tutti l’un contro l’altro armati. Non sono in trincea, non conosco armi.
Mi hai fregato? Segnati questo appunto: con me, potrai rifarlo.
Sarò il pollo da fregare, ingenua ed orgogliosa, sempre.
Anna Eva Laertici