Seduto in terra con le gambe incrociate ed i gomiti poggiati alle ginocchia, osservo ciò che ho intorno e mi sovviene di non saper disegnare tanto bene quanto dovrei, per poter descrivere ciò che vedo; così, chiudendo gli occhi, provo a far qualcos’altro.

Ora, certo, tutto mi si presenterà diversamente.

Non c’è traffico; non almeno sulla strada che costeggia questo tratto di mare ma ora, mi è lecito avere dubbi più di quanto mi fosse concesso prima perché, ora che ho chiuso le mie finestre, posso solo ascoltare.

Ho come l’impressione d’aver varcato dei limiti resi assoluti dalle sensazioni che le immagini ci propongono come tali e che i soli rumori annullano in un momento.

E’ giorno o è notte?

Ciò che ho intorno è bello o brutto?

E tu che mi sei dietro le spalle, sei solo o in compagnia di qualcuno che ha deciso di tacere e non ascoltare?

No! Non è panico il mio.

Ho solo bisogno di organizzare i miei nuovi limiti in modo da non perdere le mie vecchie certezze.

Ma ora che con gli occhi non posso contare né parlare né cercare aiuto, come farò a difendermi da te o voi tutti che mi siete vicini e che non fate altro che osservare (voi che potete) il mio modo di tentare di capire se ho nemici intorno?

Prima, quando potevo, a voi non ho fatto caso, a voi non pensavo, e questo, solo perché non capivo che nel caso in cui un giorno avessi fatto una scelta sbagliata, avrei dovuto fronteggiarne le conseguenze senza preparazione né capacità adeguate alla situazione.

Ma ora, ora che forse è troppo tardi anche per stare a recriminare, mi chiedo se tornando indietro, farei le stesse scelte del passato perché, adesso, sento che non è necessario saper chi siete per aver paura di ciò che ho intorno ed io, in questo momento, so che anche la libertà l’ho giocata ai dadi.

 

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