Tutto come quel mattino d’inverno.
Uscito di casa G. notò solo la nebbia che riusciva ad esser più fitta persino dei suoi pensieri ma un suono, quel suono di musica rock che batteva nella sua testa, forse aveva un significato più preciso di quanto G. potesse solo sospettare.
Pensava a lei e a cosa potesse star facendo ora che a lui suggerivano il nome di un continente con i sapori di quella musica che non taceva né creava pause da sfruttare.
G. era solo quel mattino.
Entrò in un locale che non sapeva di bar né di birreria che tanto gli somigliava per quel non saper di nulla, che forse sarebbe riuscito a distrarlo da quella musica rock che lo seguiva e da quella voglia di sapere dove fosse finita lei che lo aveva lasciato senza neanche avvertirlo.
G. continuò a chiedersi perché esistesse tanto rumore dietro alle sue orecchie e così poca memoria nel suo cervello.
Forse, almeno per il momento, cercarla non avrebbe avuto senso e poi, se al mattino c’è tanta musica da distrarti dai bagliori della memoria, certamente nella sera uno come G. troverebbe comunque il modo di ordinare ciò che più conta nella vita.
Era freddo quel mattino e G. sparì con lui.
Qualcosa si muove da lontano ed il rock anche ora lo si riesce a sentire anche solo chiudendo gli occhi.
E’ freddo anche oggi come allora e c’è qualche signor G. che cammina per strada.
Tutto, ancora, come quel mattino d’inverno.
Cicli