Manciata di supereroi, torcione di speranza mentre qui in molti si attardano a pasticciarsi in galleria.
Vado a braccio. E’ una rivoluzionaria urbana, la tipa di largo Beltramelli, zona est di Roma, che ti fa il caffè (buono) a 70 centesimi. Ho controllato tre volte lo scontrino per paura che si fosse sbagliata.
Sono rivoluizionari, e ostinati (visto che riescono a resistere al tempo e alla Cristoforo Colombo, strada di una bruttezza sublime), i due giocolieri al semaforo con piazza dei Navigatori. Ogni rosso è un numero. Non sono bravi, a dirla tutta. Ma sono vivi, parecchio. Di questi tempi, decisamente una rivoluzione
è una rivoluzionaria mia figlia, quando si fa cacca addosso e mi dice “io il cialdone non lo voglio levare”
sono rivoluzionari, sempre, quelli che non si lamentano. E qualcuno ancora, se cerchi bene, lo trovi
sono rivoluzionari, i piccoli gesti quotidiani
sono rivoluzionari, quelli che riescono a ridere e a scappare dagli acronimi, dalle etichette che gli appiccicano. Tipo gli LSU, i lavoratori socialmente utili
sono rivoluzionari, i volontari
i pittori, i musicisti e gli scrittori. Gli impiegati col pastrano pieno di forfora e il nodo della cravatta largo, quelli che sanno ballare da soli e quelli che sanno aprire casa agli altri
sono rivoluzionari, gli spaghetti al pomodoro col sugo vero e il parmigiano a tempesta
per la foto, www.exibart.com