lo spettacolo, ci vuole sempre la giusta distanza per goderselo a pieno. Stare lì al balcone che non hai, di lato, un po’ col culo sui gerani. Guardarseli tutti. Santificare la frittura, preoccuparsi del parterre annunciato per il cenone, perché è da lì che dipende l’abbigliamento e, in particolare, la qualità del tessuto delle mutande; trovare la forza per non mollare di fronte al fuoco di fila degli “a te e famiglia”; riassaporare il gusto antico e un po’ meticcio del panforte, giusto per avere la conferma che fa veramente cagare; trovare tracce di splendore tra sorrisi circensi e cravatte rassegnate; apprezzare i piccoli capolavori della vigilia, tipo il bancomat costantemente fuori servizio o la fila anche per ruttare; pettinarsi lo stomaco con qualche pistolotto qualunquista, volere bene a un mucchio di gente e sperare in una tombola vigliacchia, al 94′, di rapina alla zia; mordere la notte e qualche silenzio salvifico, progettare fughe perennemente rimandate; non ricevere la strenna aziendale perché si è morosi col dopolavoro; cantare “canzoni e fumo, e l’allegria” e “decapitare, con una sciabola antica” (cit., Paolo Sorrentino) tutte le stelle di Natale presenti lungo il cammino; arricchire l’antologia degli imbarazzi tra parenti sconosciuti; brindare, alla vostra!
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Simone