La stazione sgocciola. Dicono trasudi pezzi vivi di periferia.
Dentro si incanala il vento, freddo e teso, da nordest. Le scale appena spazzolate odorano di mucolitico. In banchina, l’alternativa allo smartphone è il breviario di Don Abbondio, timorato di Dio e dell’uomo. Qualcuno smolla, c’è chi non molla e porta sulle spalle uno zaino pieno di promesse.
Insulti all’autista, all’azienda, al polacco che ti sta a fianco.
Rughe ruvide, occhiaie come borracce. Dieci euro a chi vende non ti dico un sorriso, basta un ghigno.
Qualcuno sbotta in una risata, breve e potente. La battuta è scema ma non conta. Ci siamo. Ci siamo ancora
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