Nell’alchimia della tassonomia con cui impesto la mia via, un posto speciale merita la tabella dedicata ai sette rumori per cui vale la pena vivere.
1) il rumore del sorriso dei miei figli, quando si sgrana largo come un rosario di intenzioni felici. O furbette. E quando mi vedono, a volte;
2) il rumore di chi mente. Odorando di mentuccia. E lo becchi. E lo fai fare;
3) il rumore del malumore di Roberto, gran pulitore di scale e ascensori, quando struscio scomposto dove ha appena passato lo straccio;
4) il rumore degli abbracci, anche quando mi salta una clavicola perché sono poco sportivo;
5) il rumore delle foglie, al vento;
6) il rumore della tastiera, di Silvia che doma la casa con lo sgrassatore, dell’annuncio che c’è il treno in arrivo;
7) il rumore della sorpresa. Che non me l’aspettavo e me lo leggi nello stomaco
simone