L’uomo del pouf

pouf

Mi hanno detto, cerca la tua strada, tutti ne hanno una. Io però non ero pronto, o forse avevo ancora troppo sonno, mi sono seduto e ho tirato giù un paio di caffè corretti e una tachipirina plus, che sono raffreddato. Ho cominciato a leggere, per quello che ho potuto, robe leggère e racconti qua e là (leggere di tutto, rispettare qualsiasi scrittura, finché cataratta non ci separi,  era la mia unica regola), ad ascoltare storie e a guardare le genti. Ho cercato il ritmo, ho studiato la rima, ho annusato la carta.

Sono le sette di sera e un uomo attorno ai quaranta giace su un pouf. Quando la padrona di casa entra l’uomo è, letteralmente, sprofondato nel pouf. Tuta acetata blu, calzini di spugna, felpa rossa. L’uomo del pouf a un primo sguardo è senza vita. Ma con carta. Tanta carta stampata. Pagine stracciate, libri logorati, dizionari accartocciati. Fogli appallottolati e deglutiti. Sulla parete in tinta écru, poco sopra la testa, che è reclinata a destra, ci sono tre righe, scritte a matita.

Masticare le parole, ingoiarle

Pagina dopo pagina

Ce n’è per ogni evenienza, per ogni bisogno

Nella stanza non c’è vino, né farmaco o il classico scritto d’addio. Solo quelle tre righe. E, accanto al pouf, un quadernino di appunti.

È aperto.

Masticare e ingoiare un vocabolo, dopo averlo spremuto con la mano e trasformato in un piccolo bolo di cellulosa, è piuttosto piacevole da fare. E rifare

Pagina 107, c’è busto

Pagina 316, c’è eclettico

Pagina 583, incanto

Pagina 816, tegumento

Facile a masticarsi un po’ meno a evacuarsi, tegumento, parola fibrosa, annota nel quadernino l’uomo del pouf.

Per il mal di testa ho scelto coriaceo o crosta, no crosta è per la fame giustamente. Mi pare. Affettato, facondo e pratico vanno bene prima degli incontri galanti. Meticcio per gli amici, alticcio per le sveltine, caruccio per le nonne, sorriso e cancelleria per l’ufficio.

Comincio con un piccolo vocabolario per stranieri giusto per vedere l’effetto che fa. Poi insisto e rilancio: sinonimi, contrari, eponimi, rarità. La mandibola è una superba fornace, scioglie, rimpasta, rilascia.

Una parola ogni volta che serve, un incanto da scartare e masticare. La parola è trincea, è fendente. Macché, la parola  è proteina. La parola consiste. Senza, la vita evapora

Mantice è la prima parola che la padrona di caso sfila via, dita sottili e delicate, dalla bocca dell’uomo in quello che sembra un estremo tentativo di stapparlo e restituirlo alla vita.

Poi vengono fuori canto, edera, buffetto, serranda e burbanzoso.

Dopo settantasette sostantivi, una manciata di aggettivi e un avverbio che con ragionevole certezza interpreta come di luogo la padrona di casa vomita. Quindi si china su pagina 516, prende il foglio che inizia con lattice, si pulisce la bocca ed esce dalla stanza. Si riprende dallo choc, in silenzio, quattro giorni dopo. L’uomo del pouf aveva già provveduto a pagare la mensilità.

Simone

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