Mondiali brutti, belli, delle sorprese, delle big quasi tutte a casa, acchittati, Putinizzati, a tratti catenacciari, deludenti ma anche no.
Mondiali da Oscar, Óscar Washington Tabárez. Soprattutto. Settantuno anni, una gran parte passati alla guida della nazionale di calcio uruguaiana. A scoprire, inventare, proporre, ricomporre, intuire, sbagliare, amalgamare. Elegante, carismatico, silenzioso (almeno all’apparenza). Fuori dall’ordinario. Dolente, duro, potente, magico.
Un male incurabile, una passione indescrivibile. Per il calcio, per la sua terra, per la vita. Appoggiato a una gruccia, è ancora a bordo campo, Óscar Washington Tabárez.
Il suo Uruguay è ai quarti, quattro vittorie su quattro partite, finora. Più avanti… chissà.
La storia, comunque, è già scritta.