Quel rumore fastidioso in arrivo dal ventricolo sinistro, qualcosa s’è rotto: il raschio nel cuore.
No, non è per la fine del mondiale di steppa, che lo sai che tutta la tua empatia pallonara è già spalmata su amichevoli estive, illusioni dal calcio-mercato estivo, partitella pure queste estive e fuori forma dietro alla terza fila di ombrelloni.
Quel raschio che senti è per la sconfitta della Croazia in finale, che alla fine un po’ ci speravi, te e pure io, nel sorpresone.
Perché, al netto delle continue pressioni che la vita ti rifila per appiattirti sulle opinioni, aspettative, esigenze maggioritarie o presunte tali, come ci siamo detti più volte la propensione al margine, alla minoranza, al controcorrente, è una necessità da regalarti, almeno col pallone tra i piedi.
E allora eravamo lì, io te e gli altri, rossi, bianchi e blu, come i cugini d’oltralpe, ma virtualmente appizzati dalla parte di Zagabria. E, come spesso ci succede, le abbiamo prese (a proposito, chapeau monsieur Didier Claude Vincent – nomen omen?? Deschamps, campione del mondo da giocatore e, vent’anni dopo, da allenatore).
Si sa, lo sapevi, lo sapevo… se è vero che le formiche nel loro piccolo si incazzano (cit.), è altrettanto vero che, a stare con gli ippopotami (aricit.), c’è più giusto ma – quasi sempre – se scaja!
A questo punto i vostri inviati ai margini di Mosca possono anche congedarsi. Daje Ivana! finisce qui, il blog continua…
Dalla parte degli ippopotami, sempre!
Simone