Mio padre Arturo era così delicato, che ha aspettato che andassimo a letto pure la sera che si è fatto venire l’infarto.
Dico, che si è fatto venire, perché lo so che è andata così. Babbo Arturo era stanco, la stanchezza gli usciva dagli occhi.
Mio padre leggeva quasi solo libri per bambini. Non so perché. Se era un piacere, magari un piacere infantile da recuperare – da scoprire ? – una fuga, o più semplicemente un’incapacità. Oltre le gesta di Re Artù, nella versione semplificata per le prime medie, non sapeva andare.
Mio padre Arturo era uno storto. Nella testa, nello spirito, più che nelle gambe. La testa sempre in diagonale, fuori posto, messa male. Lo spirito di sguincio, un po’ tremante, un po’ ignaro, un po’ leggero, rispetto alla piena degli eventi.
Arturo era uno storto. Un ramo di fico. Storto e flessibile.
Mio padre Arturo era uno che non si ricordava, uno da una botta e resta, un falegname con due mani sinistre, un lettore ondivago, un pasticcio nel cuore. Dolori magnifici, stanchezze sontuose.
Mio padre Arturo, a suo modo vi ha amato tantissimo.
Mio padre Arturo, ha sempre sperato il meglio, per me.
(simone)
Molto bella! Papà Arturo sarà orgoglioso di te!