Torino 2022, ovvero Cuori selvaggi (per non parlare degli scrittori e dei lettori)

A una settimana esatta dalla chiusura della XXXIV edizione del Salone del Libro di Torino, un piccolo personalissimo racconto ispirato dall’alfabeto. Alla fine della fiera…

A come Autori. “Cuori selvaggi”, questo il titolo della XXXIV edizione del Salone del Libro di Torino, è l’Eurovision degli scrittori, che in questa settimana diventano protagonisti di scene di isteria collettiva che manco Damiano dei Maneskin. Anche se non tutti associano a quella faccia anonima che li ha sfiorati nel corridoio N la penna che li ha fatti sognare, il visibilio è garantito quando lo scrittore in questione è Roberto Bolle, Marcell Jacobs o Jovanotti, solo per citare i tre più famosi di questa edizione (vedi anche Ospiti). Poi ci sono anche i famosetti, i writers wannabe e gli emeriti sconosciuti: dagli avannotti alle balene, nel grande acquario del Lingotto c’è spazio per tutti. Certo, i metri quadrati pro capite sono direttamente proporzionali alla notorietà e per lo più occupati da solerti e disfatti uffici stampa, che provano a trascinare l’Autore verso le ennemila presentazioni in giro per i padiglioni sottraendolo agli altrettanti ennemila fan adoranti in cerca di contatto (vedi anche Caccia). Il grado di fama lo intuisci dal numero di telecamere in processione e dalla velocità dei giornalisti nell’inseguimento. “Ma tu hai capito chi era quello?” “No, ma andiamogli dietro lo stesso e chiediamogli un selfie“.

B come Baci (e abbracci). Il primo Salone dell’era quasi ufficialmente post Covid (quello dello scorso ottobre era stato un’ottima prova generale) prevede per i visitatori un caldo consiglio a indossare la mascherina all’interno della fiera, mantenendo l’obbligo per le sole sale degli incontri. Si sa però che i caldi consigli, soprattutto se fuori ci sono 35 gradi (vedi anche Temperature), li danno quelli che non possono dare il cattivo esempio. E poi diciamocelo, certe persone non le smuovi nemmeno con le disposizioni di legge e pretendi di convincerle con una “forte raccomandazione”? Suvvia. Quindi il Salone è tutto un fiorire di sorrisi, rossetti, baci e abbracci. Se poi lo fa anche il noto virologo…

C come Caccia. I 110mila metri quadrati complessivi di fiera sono territorio fertile per i cacciatori. Di libri, di dediche, di foto o di gadget, loro non vanno per il sottile. Li becchi di prima mattina, in pole position davanti ai cancelli già prima dell’apertura, e li riconosci perché entrano con un trolley al seguito, vuoto, e l’obiettivo di riuscire a riempirlo entro la chiusura serale. Hanno un’organizzazione maniacale, molti consultano compulsivamente il quadernetto su cui hanno segnato la scansione oraria degli appuntamenti e girano tra i corridoi, come in un gigantesco minuetto, in cerca dei loro eletti. I più fortunati riescono anche ad avvicinarli, magari senza riuscire a fare una foto, ma una strusciata di maglietta sì (tenendosi lontani dalle zone intime, sono pur sempre piemontesi). Il premio per la migliore caccia di questa edizione va a un signore anzianuccio e piuttosto male in arnese che, con l’abbonamento full e una cartellina di plastica blu da presentatore, in cinque giorni non se ne è perso uno. Chapeau.

D come Disinfettante e Distanziamento. I capisaldi della lotta al virus perdono nell’agone del Lingotto. Anche se quasi tutti gli espositori offrono agli avventori un totem disinfettante all’ingresso, così come i bagni, il numero dei visitatori che ne hanno approfittato è stato esiguo. Il distanziamento invece, nel Salone record di sempre, non è proprio pervenuto.

E come Emma. Emma riceve il battesimo domenica 22 maggio, in una chiesa salesiana a due passi dalla fiera. La chiesa è gremita e dalla postazione in cui mi trovo non riesco a vederla. Mi stupisco però quando sento il parroco che la chiama e si rivolge a lei, come se potesse capirlo. Ed effettivamente poteva capirlo, l’ho intuito quando la mamma ha preso in braccio la piccola: Emma ha un’età apparente tra i 2 e i 3 anni, gioca felice con pastelli e fogli di carta, mentre il don le racconta che noi siamo come la matita che ha in mano. Fuori tutti uguali, di legno, dentro con un’anima del colore speciale e solo nostro che ci ha dato lo Spirito che sta per ricevere anche lei. E mi sembra una splendida metafora, tra tutti gli scrittori e i disegnatori che affollano il Lingotto.

F come File. Interminabili, ovunque. Per l’ingresso (sabato 21 il piazzale principale era una coda ritorta che si allungava sulla già lunga di suo via Nizza), per il bagno (dopo decenni di frequentazione si sopravvive imparando la mappa dei servizi più liberi, non di quelli più vicini), per il panino (vedi anche HotDog), ma soprattutto per le sale degli incontri. Passare due ore in fila può significare fare nuove conoscenze, parlare di ogni argomento dello scibile umano, anche provare ad astrarsi per rileggere qualche passaggio fondamentale del libro che l’autore presenterà dentro quella sala. Nei tre firmacopie che Saviano si è sciroppato in tre giorni, per un totale record di quasi 10 ore, chissà quanti amori saranno sbocciati. Un’amicizia di sicuro: due signore si sono scambiate nomi e numeri di telefono e si sono salutate come vecchie confidenti con la promessa di rivedersi alla prossima fiera.

G come Gioia. Vedere le mani dei lettori sui libri è una gioia. Lo ha dichiarato Antonio Sellerio, patron dell’omonima casa editrice, che ha visto raddoppiare il suo spazio espositivo e lo ha riempito dei suoi volumi, dall’inconfondibile copertina blu con immagine pittorica in cornice colorata nella stessa nuance del titolo. Le storie e gli autori non accennano a calare nel gradimento del pubblico, a giudicare dal costante affollamento nello stand dell’editore siciliano. E poi la gioia è anche quella di Nicola Lagioia, nomen omen, direttore in uscita del Salone che ha messo in calce all’edizione 2022 una firma da 168mila e spicce presenze.

H come HotDog. Lingotto Fiere è la naturale prosecuzione della Galleria che porta il suo stesso nome, e di conseguenza è adiacente a una discreta scelta di ristorantini da centro commerciale. Che però, nonostante l’apparente vicinanza, si trovano a più di un chilometro di cammino dai padiglioni: merito di un’illusione prospettica che ti fa sembrare tutto a portata di sguardo, ma che, quando vai a contare i passi, ti dimostra che ci vedi ancora bene da lontano e che gli spazi ampi tendono ad allargare, un po’ come la televisione. Quindi ci caschi il primo giorno – “Vado a mangiare una cosa veloce e torno” – ma dal secondo, complici le temperature e la app contapassi del telefono che ti fa la ola mentre si sincera che tu non sia stato rapito da una setta di runner, decidi che il paninaro dietro il tuo stand sia un’ottima e sana alternativa al ristorantino della Galleria. Peccato che come te gli altri 167.999 visitatori abbiano avuto la stessa brillante idea. Risultato? Il tipo degli HotDog ha spostato il conto alle Cayman e tu sei sempre in fila (vedi File).

I come Incroci. La settimana al Salone è un certosino lavoro di incroci. Il programma degli incontri con il lavoro allo stand, le esigenze dei colleghi con le tue, gli orari lunghissimi della fiera con il tempo libero. Allora inventi turni spezzatino, apro, poi mi allontano due ore, torno per darti il cambio per il pranzo, poi vado di corsa al padiglione 3 dove c’è quell’autore che mi piace tanto, poi vengo a fare un altro paio d’ore, poi torno in albergo a farmi una doccia e mi riaffaccio per chiudere. Tutto è incasellato in una rigidissima tabella che non redigi in excel solo per non esagerare. E poi salta quasi sempre tutto, ma il Destino ha pietà di te e ti fa incontrare la tua scrittrice preferita proprio tra la corsia U e la corsia T. All’incrocio.

L come Librerie. Ogni editore, dal più piccolo al colosso, mette in mostra la sua merce in modo che le persone possano trovare facilmente il titolo che cercano, ma scoprirne anche di nuovi. Un po’ come i dischi che avevano i lati B: i libri non ce li hanno, ma accanto al bestseller è quasi sempre impilata una nuova proposta. Così il lettore che va a colpo sicuro sull’autore famoso si lascia tentare dalla curiosità e sfoglia pure la quarta di copertina dello sconosciuto. D’altronde, se sta così vicino a un big ci sarà un motivo, no? Certo che c’è. Si chiama marketing.

M come Ministro. Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, arriva la mattina di giovedì a inaugurare il Salone, nella sala Oro dell’Oval. Bagno di folla per lui e per Dario Franceschini, ministro della Cultura, accento sull’importanza della manifestazione, della lettura, dell’istruzione in un’Italia in cui un ragazzo su due non è in grado di capire il testo che ha davanti. Non è il caso di quelli che frequentano il Lingotto, e proprio il ministro Bianchi ne avrà prova quando, uscito dalla sala, attraverserà il corridoio e sarà accolto da 25 bambini di quinta elementare che, dopo aver cantato nella Lingua Italiana dei Segni l’inno di Mameli, gli proporranno la loro legge: diciamo no allo spreco alimentare. Il ministro ascolta, annuisce, fa qualche battuta e poi dice serio ai piccoli legislatori: “Il mio collaboratore è ufficialmente incaricato di recepire la vostra proposta: ci sentiamo presto, è una promessa.” A volte, anche un ministro può imparare qualcosa da uno studente.

N come Numeretti. Guarda che strano, al padiglione 3 quasi padiglione 2 non c’è il solito muro di gente che vuole il disegnetto di Zerocalcare. Eppure lui è lì, gli ho scattato pure la foto, e davanti ha solo 4 persone. Questo deve aver pensato l’ingenuo ma attempato fan del fumettista romano, mentre acquistava una copia di “Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia”, pregustando in cuor suo l’armadillo vergato sul frontespizio. Quando il gentile ma inflessibile addetto della Bao lo ha rimbalzato, il poveretto si è trasformato in punto interrogativo, finché non ha seguito con lo sguardo il dito che gli indicava l’inizio della fila. Trecento metri più in là, un serpentone umano numerettomunito si snodava lungo tutto il muro del Bookstock Village nell’altro padiglione. “E per oggi i numeretti sono già finiti”.

O come Ospiti. Bello il Salone, belli i libri, bella la boiserie. Ma siamo onesti, la gente viene qui per vedere da vicino quei personaggi che scrittori non saranno mai, ma che degli scrittori sono amici e che negli incontri presentano, intervistano, spalleggiano. E si ammassa agli incontri di quelli che, pur non essendo autori propriamente detti, i libri li scrivono lo stesso e scalano le classifiche. Jovanotti pubblica un libro di poesie a quattro mani con Nicola Crocetti, Roberto Bolle parla della sua vita, Alessandro Gassmann spiega perché rispettare l’ambiente è fondamentale. Poi c’è l’uomo più veloce del mondo, Marcell Jacobs, che firma i libri un po’ più lentamente di quanto corra, Carla Signoris sorridente spalla nella presentazione dell’ultima fatica di Maurizio de Giovanni, mentre Luca Zingaretti parla di Banda della Magliana e gentilezza allo stand de La Stampa. E una domenica mattina trovi pure Claudio Santamaria che ninna in corridoio la pupa mentre la moglie Francesca Barra parla del tempo che passa e che fa invecchiare.

P come Penna (ma anche matita). Si avvicinano con aria intellettuale al bancone. Scrutano con attenzione ogni opuscolo, sfogliano con interesse libri che annoierebbero uno storico del Trecento, prendono una copia di pubblicazioni che vedono il soffitto di questi padiglioni dal lontano 2006. Alcuni di loro sono passati già talmente tante volte negli anni che siamo invecchiati insieme. Poi, dimostrato che sono lì per acculturarsi, si sentono abbastanza meritevoli di apprezzamento da andare, senza più indugi, al nocciolo del problema: mica me la dà la penna? Ma che c’è anche la matita? Posso prenderne una anche per mio figlio/figlia/madre/padre/nipote/zia/nonno/vicino di casa? Sono un’insegnante, me ne regala una che la porto in classe? (Mentre tu immagini questi poveri studenti costretti a dividersi un mozzicone di matita per uno, che anche la piccola fiammiferaia al confronto faceva la bella vita).

Q come Quadernetto. Essere appassionati di libri e andare al Salone può essere, al tempo stesso, connubio e ossimoro perfetto. Succede che arrivi a tutte le presentazioni (o incroci i tuoi scrittori preferiti, vedi Incroci) e spesso non hai il libro da farti firmare, perché dovresti partire con la valigia piena di storie già lette o, in alternativa, comprare la doppia copia, ma è un’impresa in perdita. Come fare? La soluzione di emergenza sperimentata in un Salone di qualche anno fa continua a confermarsi vincente: si gira con il quadernetto delle dediche, ognuna su una pagina, da staccare e appiccicare sul frontespizio del libro rimasto a casa.

R come Ragazzini. Sono da sempre il pubblico privilegiato del Salone, trascinati dalle insegnanti in branchi di 30-40 a laboratori e a lunghe presentazioni che parlano di loro, della scuola che si deve evolvere, del mondo che non li capisce e non li supporta, delle difficoltà a inserirsi in una società che non li considera. Poi i prof sciolgono le catene e li vedi sciamare nei corridoi alla ricerca dei loro preferiti. Youtuber, tiktoker e influencer che, a vario titolo, hanno presentato libri, mai come quest’anno sono stati tra i protagonisti del Lingotto, portandosi appresso schiere di giovanissimi lettori. E di perplessi boomer.

S come Scrittori (Bosco degli). Il Lingotto è stata la prima grande zona industriale di Torino. Nato tra il 1915 e il 1930, è stato per decenni sinonimo di Fiat, oltre a rappresentare iconicamente la fabbrica automobilistica italiana di inizio secolo. Quest’anno, nel luogo simbolo del settore industriale, spunta un bosco vero. Dentro l’Oval, a opera di Aboca, sono stati piantati più di mille tra alberi e arbusti, in uno spazio espositivo chiamato “Bosco degli scrittori”, per ribadire l’attenzione all’ambiente come punto cardine dell’edizione 2022 (installati in giro per i padiglioni anche i “beverini” a cui attingere con le borracce riutilizzabili). Il Bosco però è stato soprattutto relax per lo spirito, riparo dalla calura e bellezza per lo sguardo, con la promessa che ciascuna delle piante verrà curata anche dopo la fine della manifestazione.

T come Temperature. A Torino non sai mai come vestirti, altro che mezze stagioni che non esistono più. Ottobri che sembrano aprili, maggi che sembrano agosti. A onor del vero, ricordiamo ancora tutti l’anno che arrivarono grandine in città e neve sulle Alpi che al Lingotto fanno da cornice, facendo crollare le temperature a livello di autunno belga, ma fu un caso isolato: il Salone edizione 2022, spostato per ragioni di Eurovision una settimana avanti come un qualsiasi orologio per l’ora legale, fa registrare la prima ondata anomala di caldo torrido. Temperatura dell’aria 35 gradi, temperatura percepita sulla colata di asfalto tra il padiglione 3 e l’Oval 40, che neanche l’aria condizionata della fiera è riuscita a mitigare.

U come Udito. In un costante rumore di sottofondo che in certi momenti rompe il muro del suono e i timpani – grazie a tecnici di regia che ancora non hanno imparato la prima regola fondamentale dell’acustica, e cioè che il microfono davanti alla cassa fischia – abbiamo assistito anche quest’anno alla consueta gara tra gli stand per assegnare l’oro olimpico di aumento smodato del volume. Tutti tranne quelli di Audible, sezione audiolibri firmata Amazon, che hanno registrato un inedito successo. Merito di ospiti importanti, presentazioni curiose, steward e hostess infaticabili. Più cuffie personali con cui ascoltare gli incontri per i (pochi) fortunati che hanno riempito la (piccola) arena, e una gigantesca riproduzione di cuffie old style, instagrammabilissime. Anche per il visitatore sprovvisto di social che neanche sa cosa significa.

V come Varietà. D’accordo l’anteprima del libro, come “Il caso Alaska Sanders” in prevendita assoluta alla Nave di Teseo con conseguente formazione di file sterminate dall’uscita del padiglione 3 alla cassa dello stand (e frotte di persone al firmacopie con l’autore Joel Dicker davanti alla Sala Azzurra); d’accordo pure il grandissimo cantante, il bellissimo ballerino e l’imperdibile divulgatore (vedi sempre Ospiti), ma il bello del Salone è che accanto a stand che sembrano i megastore della stazione, trovi anche spazi minuscoli con il cartonato di papa Francesco, protagonista di migliaia di selfie (è lì per il libro “Buona vita”, chissà che non si veda il Santo Padre vero nel 2023), le tazze letterarie, un piccolo artigiano torinese che propone i santini merlettati, sponsorizzati direttamente da Tv2000. Una varietà di proposte lontane dalla grande distribuzione ma che rappresenta il vero plus di ogni edizione della fiera.

Z come Zainetto. Al Salone si torna tutti un po’ bambini delle elementari. Sarà per questo che riaffiora la voglia di quell’oggetto che ci faceva sentire grandi le prime volte che andavamo a scuola. Ve la ricordate l’emozione di infilare i libri nello zaino? Così lo zainetto, gadget che alcuni stand propongono ai loro visitatori più piccoli, diventa l’oggetto del desiderio soprattutto per gli adulti. Di stoffa o di plastica riciclata, arancione fluo o addirittura tricolore, è senza dubbio in cima alla classifica dei must have per tutti quelli che “Non è per me, è per il nipotino rimasto a casa” (vedi anche Penna). Subito a seguire, la borsa di tela rossa del gruppo Gems che recita in testo nero: Leggere può creare indipendenza. E se il Salone è riuscito davvero a farlo, la sua missione può dirsi compiuta.

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