stanco di sesso e di consessi, degli afrori della locanda-bar Kafka e di Breside financo, che molto aveva amato e per cui molto aveva sofferto – pausa teatrale, qui il lettore dovrebbe divaricare un poco gli occhi e mordicchiarsi il labbro citeriore nell’attesa –
Lionzo partì, direzione Molise. Compagno di viaggio il celebre Michelino Mezzocazzo, minus habens ma campione a ‘Uno’ e nel trofeo Tre Maghi.
Il cammino fu lungo e periglioso, di tanto in tanto alleviato solo da un po’ di struscio in qualche via veramente glamour. Come corso Severelli, quartiere occitanno di San Vito a Monte, strada famosa per le sue gioiellerie, la bottega di cioccolata belga, un allegro liutaio smerciatore di mezzi sigari di contrabbando e la disco dei vip ‘il culetto è mio, è mio perciò, no no no, non ci sto’
La strada per Lionzo offrì spazi di riflessione, introspezione e a tratti, inevitabile, minzione. Michelino era un ottimo compagno di ventura, incline tanto alla deboscia quanto al rosario, pieno zuppo e pure zeppo di luoghi comuni che tanto sanno rassicuare l’animo ramingo. Tra le sue specialità, ‘cosa fatta capo ha’, ‘il mattino ha l’oro in bocca’ e ‘spezzeremo le reni alla Grecia’.
Destinazione finale era la Rocca di San Giustino, borgo medievale di cui tutto il Molise andava fiero, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità e da Massimo Giletti nel talk show della domenica.