Vedi, caro Gigio Buffon, che tu poi mi piaci pure e di molto. Come umano
intendo, le mani non si discutono.

Ma a me, oltre che i morti e i feriti, non sono mai piaciuti neppure i
pareggi. Tanto meno quelli opportuni.

Radicalcio.

Radicalcio: Zdengo e Galeone, una squadra di undici baschi e i contratti
di un anno, in culo a ogni progetto ma aprendo ogni dodici mesi a nuove
prospettive.

Gli offensivi, gli smodulati e strateghi di tattica creativa. La Grecia
campione d’Europa nel 2004.

Il 5-5-5

E poi quel calcio fatto a sud e in provincia. Avellino, Crotone, Messina,
Varese e Portogruaro.

Il Vicenza di Guidolin con la Coppa Italia e la semifinale di Coppa Coppe.

Il Cagliari del miglior Cellino e quello anni Settanta di Scopigno e
Domenghini.

Di Natale goleador solo in Friuli e il Verona scudettato di Bagnoli,
Marangon, Tricella e Fanna.

Quelli che nella loro vita hanno fatto solo un gol, quelli che nel civi
c’hanno solo un terzo posto in C2 girone E, ma c’hanno comunque la foto nel
bar del paese (penultimi a destra, tra gli accosciati) e ogni sera per non
languire troppo s’ammazzano d’amaro.

Il calcio niente soldi buone idee, niente triplete ma magnifiche salvezze.

Il calcio silenzioso, urlato dentro, pensato e goduto ogni minuto.

Il pallone verticale e utopico, cento maglie diverse, duecento stadi
diversi, le tribune peggiori e le peggiori turche da stadio.

I sit-in in 9.

Tifoso di tutti eppure ultras per due colori. Pronto a scrivere di D con
la stessa prosa disordinata ed emozionata che merita una FINALE.

Radicalcio. Senza punticino, anche quando l’ho apprezzato perche’ m’aveva
fatto move la classifica.