Avete mai sentito parlare dell’INPS? Sì esatto, l’Istituto Nullafacenti Per Svago, cioè “il principale ente previdenziale italiano, presso cui debbono essere obbligatoriamente assicurati tutti i lavoratori dipendenti pubblici o privati e alla maggior parte dei lavoratori autonomi, che non abbiano una propria cassa previdenziale autonoma. L’INPS è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali” (Wikipedia). E menomale, aggiungo io. Pensa se non era nemmeno sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali! Perché tanto astio, vi starete chiedendo? Innanzitutto perché odio gli acronimi: trovo che sia stupido mettere un nome lungo a una cosa, per poi doverla chiamare in un altro modo, solo perché l’appellativo risulta troppo difficile. Basterebbe usare direttamente una parola più semplice, no? In seconda battuta perché, negli ultimi tempi, ho avuto a che fare con qualche suo addetto a cui, se fossi stata Briatore, avrei volentieri sbattuto un dito in faccia pronunciando l’ormai celebre “sei fuori!”. La questione è semplice: a maggio mio zio ci ha lasciati. Non aveva moglie né figli. I ratei della tredicesima maturati quest’anno nei suoi ultimi cinque mesi di vita (gennaio-maggio) vanno in eredità ai quattro fratelli rimasti: due zie, uno zio e mio padre. Per semplificare le cose (creduloni!) questi ultimi decidono di lasciare tutto alle sorelle. Vengo dunque incaricata di andare all’Inps (lasciate ogni speranza o voi che entrate) a chiedere quale sia la procedura da seguire. Ma, l’Istituto Ponzio Pilato se ne lava le mani e mi spedisce al Caf (un altro acronimo, non promette bene!), dove mi spiegano che la procedura è un po’ lunga, ma che alla fine basta avere le deleghe e i documenti firmati di tutti i fratelli per far sì che una delle zie ritiri l’intera la somma (faccio presente che parliamo di 250 euro!). Ci mettiamo all’opera: organizziamo tutto il materiale e, sicuri del fatto nostro, decidiamo di tornare all’Inps. Nel frattempo, però, mio padre muore all’improvviso. Mia mamma, che di pazzi evidentemente se ne intende, chiama gli efficientissimi uffici e chiede cosa dobbiamo fare. Dall’alto del loro sapere i tecnici dell’Inps rispondono che, con una delega mia e sua (in quanto eredi di papà), la questione è risolta. Ieri, facendomi tanto, tanto coraggio, decido di recarmi all’Inps di Torrevecchia per chiudere la storia. E qui arriva il bello. La signora allo sportello mi spiega con tono acidissimo che loro non possono accettare quei documenti perché potrebbero essere stati firmati da chiunque. Faccio presente, con la santa calma, che a dirci di portare quelle cose erano stati, non uno, ma addirittura due suoi colleghi. La risposta è: “beh, forse non sapevano qual è la procedura giusta!”. “Cioè siete proprio degli incompetenti!”, la mia calma è evidentemente svanita. Lei mi fulmina con lo sguardo e chiarisce che le opzioni sono due: o ci presentiamo uno per uno a riscuotere la parte che ci spetta (circa 60 euro!!!!!!!!!!!!), o altrimenti dobbiamo far autenticare le nostre firme in circoscrizione o dal notaio e poi riportare tutti i fogli lì o al Caf. Per la parte di mio padre, serve l’autorizzazione di mia madre… Anzi no, spiega dopo qualche minuto di assenza, il suo collega ha detto che serve la mia. Un brivido mi percorre la schiena: spero non sia lo stesso che ha parlato al telefono con la mamma… Con i nervi a fior di pelle e la palla di pelle di Apollo che mi gira così tanto da farmi smadonnare contro tutto quello che mi capita a tiro, penso di rivolgermi al Caf e lasciare che siano loro a sbrigare la faccenda. Avete presente il detto “dalla padella alla brace”? Beh, in questo caso sarebbe più appropriato dire “dalla padella alla fornace!”. Quanto sto per scrivere è vero, nessuna bugia o alterazione della realtà: mi dicono che la colpa è nostra perché vogliamo complicare le cose facendo in modo che una sola persona riscuota tutto. Del resto, tutto sto casino per 250 euro… chiosa l’impiegata (giornataccia co ste donne!) del Caf. E poi il colpo di genio: “ma quanti erano originariamente tutti i fratelli?”. Sei, dico io, ma una è morta 10 anni fa. “Ah! Ma state sbagliando i conti! Dovete dividere la cifra per sei, quindi a ognuno spetta un sesto della somma totale. E fra l’altro non servono le autenticazioni sulle fotocopie dei documenti”. Ma come un sesto??? Mia zia è morta da un decennio: dove gliela portano la parte di rata della tredicesima, a Prima Porta???????? Ma soprattutto: mio zio, come fa a essere erede di se stesso???? E, ancora, come è possibile che i documenti non debbano essere autenticati, quella dell’Inps mi ha rimandato a casa proprio per questo motivo! Della serie: “Figlio, io non sono tuo padre, sono tua madre; e io non sono tuo figlio, sono una marionetta iaia oh…”.
Siete curiosi di sapere la sua risposta? “Senti, se non vuoi ascoltarmi e pensi di sapere tutto, fa come ti pare”. Se potessi fare come mi pare, care signore, al Caf (Celebrolesi Autonomi per Finta) e all’Inps (Istituto Nullafacenti Per Svago) certo non lavorerebbero persone come voi!
Giorgia