La premessa è d’obbligo, perché voglio proteggermi da eventuali attacchi di fondamentalisti e facinorosi: non dirò nulla sulla fede, perché ciò che potrei dirne è solo che io vorrei fosse nel mio cuore.
Ho cercato il divino più volte, fuori e dentro di me, ho studiato per capire le ragioni di chi credere e dopo aver tanto studiato queste ragioni ho capito che la fede non è studio e non è ragione. E’ un sentimento, è calata nei cuori, infusa nella psiche. Non la si governa con i libri, non la si comprende con la logica. E’ come l’amore, anzi, forse la fede è proprio una forma d’amore.
Che a me è negata.
Io non credo, è un dato di fatto. Attualmente, non c’è Dio nella mia disperazione e nemmeno nella mia gioia. Solo un’incredibile curiosità verso l’Umano. Altro non ho.
Ciò detto, tutt’altro discorso si può fare sulle Istituzioni che sul sentimento puro della fede presumono di porci le proprie basi.
Da Italiana e soprattutto da Romana, mi confronto costantemente con Santa Apostolica Chiesa Cattolica. E, ancora una volta, ho studiato. Ho studiato la sua storia, le sue strategie, le sue scelte. Spesso disapprovandole, e molto; altre rare volte elogiandole.
Ieri, magari non ve ne siete accorti, è stato eletto il nuovo pontefice. Il vecchio papa è stato sconfitto, per non essere riuscito nell’opera che gli era stata richiesta: imporre un rinnovamento in un’Istituzione lacerata da scandali economico-finanziari e sessuali.
Non ce l’ha fatta, e ha compiuto un gesto eclatante: il pontefice che in altri secoli sarebbe stato soppresso da altri esponenti della Curia, s’è dimesso. Ha gridato al mondo:“Non riesco a riformare questa Chiesa, e poiché La amo, voglio affidarLa a qualcuno che magari possa riuscirci”.
C’è un nuovo Pietro, da ieri sera. La macchina hollywoodiana della Santa Sede ci ha garantito 55 minuti di suspense e poi ci ha donato il primo pontefice extraeuropeo (ma non troppo, la sua seconda lingua è l’italiano, anzi, il dialettto piemontese… sudamericano sì, ma figlio dello Stivale).
E’ uscito, ha detto “buonasera” e mi è piaciuto. Prima, ho convissuto per qualche momento con due pregiudizi, uno negativo e uno positivo.
E’ un gesuita, è “er papa nero”… avrebbe fatto dire a Nino Manfredi l’ottimo Gigi Magni. Io confesso con la serenità dei miei anni di università che ho una pregiudiziale fortissima contro i gesuiti (e anche i domenicani, va’, non sia mai che me li dimentichi…). La creazione di Sant’Ignazio di Loyola è stata la spada della più violenta opera di chiusura al rinnovamento perpetrata dalla Chiesa tra la fine del Cinquecento e quel 21 luglio del 1773 in cui l’allora pontefice Clemente XIV soppresse la Compagnia di Gesù. Insomma, affidare ad un gesuita un periodo di obbligatoria e richiestissima renovatio mi è subito parso un controsenso.
Poi, è scattato nella mente il pregiudizio positivo: Pietro si chiamerà Francesco.
Basta Giovanni e basta Paolo. Basta Benedetto e basta Leone, Pio, Gregorio.
Si rompe con la tradizione. Si sceglie un nome nuovo. Colpo da maestro.
E come nuovo, non “sibi nomen imposuit” un Asdrubale o un Archimede. No, sarà Francesco. Il borghese benestante che si denundò dai suoi averi e si confuse tra gli umili. Un esempio d’etica altissima, per laici e credenti.
Lo IOR, ho pensato, starà tremando. E siccome sono cattiva, ho anche pensato che forse questo è il momento di chiudere i vergognosi e ingiusti rubinetti dell’8 per mille e già che ci siamo chiedere l’IMU.
Francesco, mi piaci.
Buonasera a te, anzi, è mattina e ti dico buongiorno.
Stupiscici.
In chiusura (di televisione… l’ho spenta: ero a cena con il nipotino di un anno, anche Francesco – d’Assisi, stavolta – avrebbe preferito sapermi a ridere con il bimbo che non a perder tempo tra i commenti da “domenica sportiva” con sedicenti esperti…), però, mi sono concessa un’ultima riflessione.
La legge italiana impone di scrivere annunci di lavoro per posti che possano essere solo ed esclusivamente per entrambi i sessi. Anzi, spesso devo inserire le due leggi di riferimento su questo tema: si tratta della L. 903/77 e della L. 125/91.
Il papa, in Italia, sarebbe un posto di lavoro illegale.
Anzi, sono pochi per fortuna i Paesi al mondo in cui è previsto per legge che la massima autorità dello Stato sia un ruolo precluso alle donne.
E mentre gli occhi di decine di migliaia di persone in piazza San Pietro erano all’insù, e mentre gli occhi di un miliardo di persone davanti alle tv e ad internet erano fissi, mi chiedevo: qualcuno avrà la rabbia che ho io, nel constatare che l’unica certezza che abbiamo di questo nuovo leader politico e spirtuale, che parla ai cuori e alle menti di milioni di persone, è che sarà maschio?
Ma lo Spirito Santo scende solo su chi ha i peli sul petto e non l’utero nel corpo?
Chi ha deciso questa terribile offesa al mio genere? E perché perseguirla ancora oggi, in un mondo – da circa 200 anni – costantemente in movimento verso le pari opportunità di genere? Dov’è la giustizia? Divina, terrena, fate voi… ma dov’è?
E così, mentre come scrivevo tutti eravamo con gli occhi fissi su quel balcone, ho sentito il mio sangue in costante ribollìo nelle vene, e ho sorriso autocompiaciuta. Rivendico con orgoglio il poter dire che non sono complice, che non mi appartiene la passiva accettazione dell’ennesima discriminazione di noi donne.
E aspetto Francesca.
Anna Eva Laertici