I contatti sono sempre più flebili ed i pronostici relativi alle situazioni future sempre più tristemente veritieri.
Un tronco è trascinato giù verso il mare dalle torbide acque di un fiume e nulla può per tornare a vivere sulla montagna: anche i suoi contatti sono divenuti sempre più flebili perché natura vuole che il suo corso si compia.
Sono tanti gli anni in cui il colore della notte è gradatamente divenuto sempre più pallido ed ogni riflessione riesce a lasciare il segno nell’animo di chi non può far altro che ascoltare i rumori del silenzio delle tenebre.
Forse è anche vero che le ferite col tempo guariscono, ma altrettanto vero è che il tempo lascia il segno delle cicatrici e queste non sono ben gradite a chi non sa apprezzare il valore della sofferenza, la volontà della rivincita, il silenzio della solitudine, l’omertà dell’orgoglio, la tristezza delle lacrime di un pianto.
L’unico compagno riservato è il lume di questa stanza che di me conosce ogni espressione nel più perfetto dei modi perché, come i mobili che la abitano non cambiano aspetto, così sotto la sua luce con le stesse vesti da solitario ricercatore di un evidente perché, mi presento.
Natura ordina la fine di una vita e la fredda mano della morte risponde all’appello!
Natural istinto di sopravvivenza cerca il suo servo, e l’autolesionista compare perché i suoi pensieri siano di monito.
La penna di chi vorrebbe tornare a vivere sulla montagna non trema perché sa qual è il suo destino ed il più delle volte le certezze di un condannato servono da modello per i dubbi di chi ancora ha il dono di non sapere di seguire un ruolo fatto di scene già recitate.
Tentando di prendere sonno