La finale di Coppa Italia, un uomo a terra, la mafia in curva, i fischi all’inno. E una città, la mia, vittima e carnefice.
La telefonata di un amico. E poiché è Amico con la A maiuscola, sa che i suoi dolori sono i miei.
I medici che lottano soli contro Ebola, la carenza di fondi nel curare l’Africa e il mondo; e poi, un po’ più in là, lo sperpero in armi e guerre: lo zar che invade la Crimea a suon di morti e ricatti.
Un’email letta in spiaggia, in un giorno di ferie. L’ingratitudine, la frustrazione, la cattiveria. Incasso tre schiaffi: mai avrei pensato ad un momento così basso. Il bruciore del sole estivo si mischia alle ferite di una solitudine imbarazzata e delusa nei corridoi dell’ufficio.
“Genie, you’re free”… perché? Noi ci siamo sentiti più soli.
La timeline sui social network invasa di docce ghiacciate: vi ho voluto tanto bene, eh, ma ora ricordate il perché di tanta mitomanìa?
Così è fatta un’aula di tribunale? Lo sconforto di chi è cresciuta con “Codice d’onore”. Né Tom Cruise, né Jack Nicholson, solo un giudice emaciato, caos, distrazione, rumore e tanta polvere in un palazzo fatiscente.
Le sentinelle stanno in piedi. Non contro la corruzione, l’evasione, le mafie, lo strapotere dei pochi, la povertà crescente… contro l’estensione dei diritti a chi già ha doveri per lo Stato e chiede solo di potersi amare secondo la legge. (“sentinè, rimettite a sede, cojone”)
Due mesi di processione della mia arruffata famiglia davanti al suo letto d’ospedale. Le domande che ne seguono e che salgono ai massimi sistemi: tutte – rigorosamente – senza risposta.
Anna Eva Laertici